Pizza, questione di scienza

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Sappiamo, da recenti statistiche, che ogni giorno in Italia vengono sfornate circa 5 milioni di pizze. Il che la dice lunga sui gusti e sulle preferenze degli italiani in fatto di alimentazione, ma anche naturalmente in termini di amore per la pizza.

Se ci spostiamo oltreoceano, negli USA, un americano su otto mangia pizza tutti i giorni. Percentuale che tende a salire se ci si riferisce alla fascia d’età tra i 6 e i 19 anni.

Ma da dove proviene un simile successo? Se lo sono chiesti anche gli scienziati dell’Università del Michigan, che hanno teorizzato una vera e propria dipendenza da quel mix perfetto di pasta, pomodoro, formaggio e condimenti.

 

Si parte dalla pasta, ricca di carboidrati e del tutto simile al pane, che andando incontro alla reazione di Maillard durante la cottura dà vita a quel profumo che non può che stimolare l’appetito.

In seconda fase vengono coinvolti cervello e palato, particolarmente sensibili ai carboidrati stessi.

Carboidrati che a causa dell’alta digeribilità generano un effetto di dipendenza.

Dipendenza che in ogni caso viene generata anche da grassi, presenti ad esempio nel formaggio.

Sempre nel formaggio troviamo la caseina, una proteina che rilascia a sua volta un’altra proteina, la casomorphine, che stimola i recettori connessi con gli stati di piacere del nostro cervello.

 

Dolce, salato, acido, amaro stimolano il nostro cervello. Ma accanto a questi un ruolo fondamentale lo gioca l’umami, uno dei cinque gusti fondamentali percepiti dalle cellule recettrici presenti nel nostro cavo orale.

In che modo l’umami è presente in una pizza?

Un cucchiaio di parmigiano contiene circa 75mg di glutammato. E produce particolari effetti benefici e di dipendenza sul nostro cervello.

Bene. Tre cucchiai di pomodoro, che in genere caratterizzano una pizza, ne contengono ben 140mg!

Pensiamo quindi quali effetti il consumo di una pizza produce sul nostro palato e sul nostro cervello.